Gli attuali pozzi off-shore croati sono stati realizzati ai tempi della Jugoslavia e sono attualmente gestiti dalla società INA, controllata dall’ungherese MOL. Il governo croato tuttavia, ha in corso un importante contenzioso giuridico contro la società MOL, per una serie di tentativi che quest’ultima avrebbe posto in essere per assumere il controllo dell’azienda di idrocarburi croata. In particolare, Zagabria accusa il management della MOL di aver corrotto nel 2008 l’allora primo ministro croato Sanader con una tangente di svariati milioni di euro per consentire alla compagnia ungherese di ottenere la maggioranza della azioni dell’INA. Il tribunale croato ha condannato nel 2009 Sanader a 10 anni di carcere per corruzione ed ha aperto un contenzioso legale (ora sotto procedura di arbitrato internazionale) con la MOL per contestare la legittimità dell’attuale azionariato dell’INA, che vede la società ungherese detenere il 49% delle azioni ed il governo croato il 42%. Nel 2009 il tribunale di Zagabria ha emesso un mandato di cattura per l’Amministratore delegato della stessa azienda ungherese che oggi controlla l’INA. Il caos legale e lo stallo che governa la principale azienda croata di idrocarburi ha sicuramente rappresentato un incentivo per il governo croato per procedere con l’avanzamento di gare pubbliche per la ricerca di idrocarburi nell’adriatico croato. La mancanza de facto di un’azienda energetica monopolista a controllo statale da un lato ha ritardato le esplorazioni, ma dall’altro ha favorito l’adozione (nel luglio 2013) di una nuova legge sugli idrocarburi molto più aperta agli investimenti stranieri e alla concorrenza.
L’altro elemento che ha contribuito ad un’accelerazione dei tempi ed a favorire l’apertura alle ricerche di idrocarburi nelle acque territoriali croate è stato rappresentato dalle necessità contingenti dell’economia croata, a causa del continuo peggioramento dell’economia che dal 2009 ad oggi non ha fatto che deteriorarsi, entrando nel sesto consecutivo anno di contrazione. Dalla crisi economica ad oggi la Croazia ha perso il 12% del proprio pil, che anche nel 2014 vedrà il segno negativo (-0,5%). E’ in questo contesto che è stata avviata la gara per l’identificazione delle società che dovranno realizzare le prime esplorazioni di idrocarburi nella storia del paese, dopo che le rivelazioni sismiche condotte dalla norvegese Spectrum (assegnate nel luglio 2013 con trattativa diretta senza bando di gara) sembrerebbe abbiano dato risultati positivi. Il processo di valutazione durerà pochi mesi e le prime concessioni saranno assegnate agli inizi del 2015 e riguardano 8 blocchi (per un totale di 36,823 chilometri quadrati) nel Mar Adriatico settentrionale e 21 blocchi in quello centrale e meridionale. Le attività esplorative dureranno cinque anni mentre eventuali concessioni che saranno assegnate dureranno 25 anni. I dati delle ricerche sismiche condotte sino ad oggi danno una discreta probabilità di scoperte significative di gas nei blocchi del Nord e di riserve di petrolio nell’area centro-meridionale. Tuttavia nessuna rilevazione sismica può dare alcuna garanzia sulla qualità, quantità e costi di estrazione delle presunte riserve di idrocarburi e solo ulteriori esplorazioni e trivellamenti potranno fornire, nei prossimi anni, indicazioni più accurate sulla reale consistenza e profittabilità delle riserve croate di idrocarburi.
La necessità di diversificare gli approvvigionamenti energetici per i paesi dell’Europa Sud Orientale è ovviamente cresciuta dopo la crisi ucraina, e molti paesi della regione (come Albania, Romania e Bulgaria) sono impegnati in nuove campagne di ricerche ed esplorazioni. Tra i fattori che spingono invece a rallentare le ricerche di idrocarburi vi sono le pressioni di alcuni interessi economici legati al turismo, che temono possibili ripercussioni negative derivabili dall’ulteriore sfruttamento delle risorse energetiche. Il settore turistico produce 7 miliardi di euro di profitti annui, e rappresenta una quota importante del pil nazionale (superiore al 10%), fornendo una capacità di approvvigionamento di valuta straniera ed una risorsa con cui finanziare il debito pubblico nazionale. Ma la Croazia non è sola a cercare di esplorare i fondali delle proprie acque territoriali alla ricerca di idrocarburi. Anche il governo del Montenegro ha deciso, nel febbraio 2014, di aprire un bando per l’esplorazione di gas e petrolio off-shore. Il governo ha identificato un’area di 13 blocchi per un estensione di 3.000 chilometri quadrati
L’intensificarsi delle esplorazioni di idrocarburi nell’Adriatico, sono dunque il frutto di un mix diverso di fattori che si sono sommati negli ultimi anni. Almeno cinque sono gli avvenimenti che possono essere identificati come game changer per la sicurezza energetica della regione: a. l’avanzamento delle tecnologie di rilevazione ed esplorazione ha comportato un abbattimento dei costi di ricerca ed estrazione e, assieme al costante prezzo elevato del petrolio, ha reso potenzialmente profittevoli lo sfruttamento di aree in passato ritenute non remunerative; b. lo sviluppo di mercati sempre più spot per il gas, legati alla diffusione del LNG e al boom dello shale, ha rivoluzionato la geopolitica energetica, creando interessanti alternative alle costose pipeline che hanno forti implicazioni politiche e di sicurezza energetica e necessitano di ingenti investimenti di lungo periodo; c. la crisi economica che ha colpito l’Europa, facendo ridurre i consumi di gas e mettendo sotto grande pressione numerosi sistemi economico-sociali dell’Europa Sud Orientale, ad iniziare dalla Grecia; d. lo sviluppo di South Stream - che ha tagliato in due i Balcani, separando di fatto i Balcani adriatici da quelli danubiani, ridisegnando la mappa geopolitica della regione e gettando le basi per un nuovo precario assetto regionale; e. il deteriorarsi della grave crisi Ucraina, che si trascinerà per anni, riattivando e mantenendo latente il confronto tra Washington e Mosca, nell’Europa Orientale. Ciò potrà comportare ripercussioni imprevedibili sullo scenario balcanico, teatro marginale di confronto tra USA e Russia, ma che proprio per la sua bassa rilevanza globale, potrebbe acquistare un ritorno di consistenza come retrovia di una rinascente competizione bipolare Est - Ovest.
Si potrebbe pertanto dedurre che tra i vettori del rinnovato interesse di esplorazioni di idrocarburi nel Mediterraneo non vi sono solo motivazioni commerciali, di bilancio o legate alla necessità di ridurre i costi delle importazioni energetiche, ma anche valutazioni di carattere maggiormente strategico, estranee alla stessa sicurezza energetica e collegate alla sicurezza tout cour. Se sarà provata l’esistenza di importanti riserve di idrocarburi nel Mare Adriatico è chiaro che il loro significato strategico finirebbe per eccedere quello dello sfruttamento da parte dei paesi rivieraschi ma potrebbe potenzialmente fungere, assieme allo sviluppo di una rete di rigassificatori LNG, come base per una strategia di diversificazione strategica delle fonti di approvvigionamento energetico per i paesi del fianco Sud dell’Alleanza Atlantica. Tale scenario acquista maggiore rilevanza qualora letto in parallelo assieme alle - più avanzate - ricerche di idrocarburi che stanno procedendo nel Mediterraneo Orientale, nelle acque di Cipro, Israele e Libano, anch’esse prospicenti paesi membri dell’Alleanza Atlantica come Turchia e Grecia.
Anche il Montenegro, con tempistiche simili a quelle della Croazia, sta cercando di sfruttare il negativo momento economico ed il positivo momento strategico per cercare di valorizzare la propria posizione geopolitica e inserirsi nella mappa, in corso di ridefinizione, della sicurezza energetica regionale. Nel mese di maggio 2014 scadono i termini per le società interessate per presentare le proprie offerte per la concessione delle licenze di esplorazione nelle acque montenegrine. Dei 13 blocchi messi a bando uno dei più promettenti si trova a cavallo del confine marittimo con la Croazia, parzialmente ancora indefinito. Questa situazione può portare forme di collaborazione per l’esplorazione congiunta o possibile attivazione di contenziosi territoriali per la definizione dei confini marittimi tra i due paesi.