Introduzione
La musica è della canzone Ederlezi - Đurđevdan - S.Giorgio, nella versione di Goran Bregovic. Le foto sono una scelta di immagini simbolo di luoghi, momenti e della storia dei Balcani dell'ultimo secolo. In ordine di visualizzazione. 1. Una mappa etnico - linguistica dei Balcani e politica d'inizio secolo; 2.Zara, La porta di Terraferma con il Leone di S. Marco; 3. Edifici religiosi cattolici, ortodossi e mussulmani della Bosnia Erzegovina; 4. L'omicidio di Sarajevo il giorno di S.Vito del 1914 e l'arresto di Princip; 5. I funerali di Franz Ferdinand e Sofia a Vienna; 6. I funerali di Tito a Belgrado; 7. Le olimpiadi invernali di Sarajevo; 8. Il discorso di Milosevic nella Piana dei Merli in Kosovo nel Giorno di S. Vito del 1989. 9. Tudjman celebra il ritorno di Vukovar alla Croazia; 10. Il calciatore croato Boban negli incidenti tra Dinamo Zagabria e Stella Rossa Belgrado; 11. Arkan e i suoi paramilitari; 12. Aljia Itzebegovic in preghiera con le truppe della BiH. 12. Il funerale del primo caduto civile serbo a Sarajevo. 13. Scena simbolo dell'assedio di Sarajevo; 14. L'ingresso di Mladic a Srebrenica tra i civili ed i cashi blu. 15. Cimitero delle vittime di Srebrenica. 16. Firma degli accordi di Dayton tra Itzebegovic, Milosvic e Tudjman. 16. UCK in armi; 17. Funerali di Zoran Djindjic a Belgrado. 18. La dichiarazione d'indipendenza del Kosovo nel parlamento di Pristina. 19. L'ingresso della Croazia nell'Unione Europea; 20 Giorno di S. Vito 2015. Nikolic inaugura la statua di Gavrilo Princip; 21 Migranti e profughi mediorientali in fuga verso l'Europa attraverso la via balcanica.
Analisi
Le elezioni in Bosnia Erzegovina del 7 Ottobre 2018
La situazione nei Balcani Occidentali permane complessa e lontana dalle aspettative di integrazione che l’Unione Europea aveva posto tanti anni fa nel vertice di Salonicco (2003) e che ha rilanciato con il processo di Berlino nel 2014. Tre sono stati i rec enti sviluppi che attualmente mantengono calda l’agenda dei Balcani Occidentali e che suggeriscono un attento engagement con la regione. Il referendum in Macedonia con cui è stato respinto l’accordo per il cambio del nome e la normalizzazione dei rapporti con la Grecia; le elezioni in Bosnia Erzegovina, che hanno premiato, come in passato, i due principali partiti nazionalisti; il fallimento dei tentativi di giungere ad un accordo sui confini tra Kosovo e Serbia. Su questi recenti sviluppi tutti e tre caratterizzati da un trend negativo – restano i grandi problemi irrisolti della regione come la persistente crisi economica, la permanente tendenza a produrre soluzioni politiche nazionaliste o radicali (che includono la crescente radicalizzazione di matrice jihadista) in risposta ai fallimenti sociali e alla debole legittimità, la perdita di attrazione del sistema euro - atlantico ed il posizionamento strategico di Russia e Turchia
che hanno costruito un loro autonomo soft - power regionale.
che hanno costruito un loro autonomo soft - power regionale.
A Trieste il punto sullo stato dei Balcani Occidentali (quindici anni dopo Salonicco)
Sommario Trieste, quindici anni dopo Salonicco; La Brexit ed il Commonwealth dei Balcani Occidentali
Il 12 luglio 2017 a Trieste – quasi quindici anni dopo il vertice UE/Balcani di Salonicco, in cui fu promesso l’ingresso in Europa ai Paesi di tutta la regione balcanica – si sono incontrati i Capi di Governo, i Ministri degli Esteri ed i Ministri dell’Economia e dei Trasporti dei 6 Paesi dei Balcani Occidentali (Albania, Bosnia Erzegovina, Kosovo, Ex Repubblica Iugoslava di Macedonia, Montenegro e Serbia) con gli omologhi di Italia, Austria, Croazia, Francia, Germania, Slovenia e Gran Bretagna. L’evento si inserisce nel cosiddetto Berlin Process, una iniziativa diplomatica avviata dalla Germania, più o meno autonomamente nel 2014 nel pieno della crisi migratoria (con il vertice di Berlino del 28 agosto 2014 che è stato preparato, senza la partecipazione dell’Italia, benché durante il semestre italiano di presidenza della UE, iniziato nel luglio dello stesso anno), ma successivamente divenuta più collegiale. Il processo, nato dunque per iniziativa di uno dei Paesi europei, si è ampliato probabilmente anche a causa delle rinnovate tensioni che si sono verificate nei Balcani....(continua)
La pericolosa connessione dei rischi economici, rischi geopolitici e irredentismo etnico. Il caso della Bosnia Erzegovina e altre situazioni critiche regionali
(Sommario: Il presidente della Republica srpska della Bosnia Erzegovina inserito nella lista sanzioni USA come “peace spoiler”; misure di isolamento diplomatico da parte della UE; La grave situazione economica della Bosnia Erzegovina; Il dibattito per il ritorno della leva obbligatoria nei Balcani e le preoccupazioni delle opinioni pubbliche per una possibile corsa agli armamenti; Rientrata la crisi migratoria per i Balcani, ma attenzione agli effetti indiretti )
Nel panorama dell’Europa Sud Orientale, la Bosnia Erzegovina continua a vivere una difficile situazione interna che la rende uno dei paesi più fragili nel quadro regionale. Ciò non è una conseguenza diretta di soli fattori interni etnici e politici ma un intersecarsi di questioni storiche irrisolte, di nuove tensioni geopolitiche e degli effetti che stanno divenendo molto drammatici della crisi economica del paese. Si riteneva che il cambio di presidenza americana, con l’avvento di una amministrazione non legata alle divisioni geopolitiche della dissoluzione della Jugoslavia e caratterizzata, almeno nella narrativa, da un rapporto maggiormente costruttivo con la Russia, avrebbe potuto produrre un clima di power sharing tra Mosca e Washington che avrebbe potuto alleviare le tensioni nel cuore dei Balcani. Tuttavia, il transito di amministrazione si è dimostrato molto più complesso e conflittuale di quanto previsto e la stessa possibilità che la nuova amministrazione cambi radicalmente rotta nella politica USA nei Balcani appare essere ancora in dubbio. Ciò in particolare per la marginalità della regione nella politica estera americana, marginalità che rischia di accrescersi ulteriormente con il nuovo presidente americano. Questo, più che produrre un accordo di power sharing, rischia di produrre un vacuum geopolitico che potrebbe essere sfruttato da chi è interessato ad una revisione dello status quo regionale, non più protetto dall’occhio lontano ma vigile dell’amministrazione USA che, fino alla presidenza Obama, ha mantenuto una certa continuità di approccio alla regione. Un esempio di queste tensioni tra vecchia e nuova amministrazione americana sui Balcani ed in particolare sulla Bosnia Erzegovina si è verificato con il caso delle sanzioni ad personam contro il presidente della Republica srpska Dodik, inserito nella Black List del Tesoro americano come peace – spoiler dalla stabilità regionale....(continua)
(Sommario: Il presidente della Republica srpska della Bosnia Erzegovina inserito nella lista sanzioni USA come “peace spoiler”; misure di isolamento diplomatico da parte della UE; La grave situazione economica della Bosnia Erzegovina; Il dibattito per il ritorno della leva obbligatoria nei Balcani e le preoccupazioni delle opinioni pubbliche per una possibile corsa agli armamenti; Rientrata la crisi migratoria per i Balcani, ma attenzione agli effetti indiretti )
Nel panorama dell’Europa Sud Orientale, la Bosnia Erzegovina continua a vivere una difficile situazione interna che la rende uno dei paesi più fragili nel quadro regionale. Ciò non è una conseguenza diretta di soli fattori interni etnici e politici ma un intersecarsi di questioni storiche irrisolte, di nuove tensioni geopolitiche e degli effetti che stanno divenendo molto drammatici della crisi economica del paese. Si riteneva che il cambio di presidenza americana, con l’avvento di una amministrazione non legata alle divisioni geopolitiche della dissoluzione della Jugoslavia e caratterizzata, almeno nella narrativa, da un rapporto maggiormente costruttivo con la Russia, avrebbe potuto produrre un clima di power sharing tra Mosca e Washington che avrebbe potuto alleviare le tensioni nel cuore dei Balcani. Tuttavia, il transito di amministrazione si è dimostrato molto più complesso e conflittuale di quanto previsto e la stessa possibilità che la nuova amministrazione cambi radicalmente rotta nella politica USA nei Balcani appare essere ancora in dubbio. Ciò in particolare per la marginalità della regione nella politica estera americana, marginalità che rischia di accrescersi ulteriormente con il nuovo presidente americano. Questo, più che produrre un accordo di power sharing, rischia di produrre un vacuum geopolitico che potrebbe essere sfruttato da chi è interessato ad una revisione dello status quo regionale, non più protetto dall’occhio lontano ma vigile dell’amministrazione USA che, fino alla presidenza Obama, ha mantenuto una certa continuità di approccio alla regione. Un esempio di queste tensioni tra vecchia e nuova amministrazione americana sui Balcani ed in particolare sulla Bosnia Erzegovina si è verificato con il caso delle sanzioni ad personam contro il presidente della Republica srpska Dodik, inserito nella Black List del Tesoro americano come peace – spoiler dalla stabilità regionale....(continua)
La piccola ucraina dell'Adriatico alle porte dell'Alleanza Atlantica.
La formazione del governo Markovic
Dopo una confusa fase seguita alle elezioni politiche del 16 Ottobre, il parlamento montenegrino ha dato la fiducia il 28 novembre al nuovo governo del paese, eleggendo primo ministro Dusko Markovic.
Markovic è già stato Vice Primo Ministro ed è uno dei più fedeli collaboratori di Djukanovic, da ormai quasi 20 anni. Markovic è nato nel 1958 a Mojkovac, città del Nord del Montenegro in cui la maggioranza della popolazione nutre sentimenti filoserbi (il 56% degli abitanti ha votato per mantenere l’unione con la Serbia nel referendum per la secessione del Montenegro nel 2006). Dopo essersi laureato in giurisprudenza a Kragujevac nei primi anni ottanta, ha lavorato nella sezione legale delle miniere di argento di Brskovo (Brescova), prima d’iniziare una veloce carriera politica nella Lega dei Comunisti (SKCG), impegnandosi nell’amministrazione locale della città di Mojkovac. Con il partito successore della Lega dei Comunisti, il Partito Democratico dei Socialisti (DPS), Markovic diviene, nel 1991 fino al 1998, Segretario Generale del governo del Montenegro, per poi proseguire la sua carriera all’interno delle istituzioni di sicurezza del paese: prima Direttore Generale nel Dipartimento degli Interni con delega alla Sicurezza Nazionale, dal 1998 al 2005; quindi Direttore della Agenzia Nazionale per la Sicurezza dello Stato (SDB), i servizi di intelligence del paese, dal 2005 al 2010. Dal 2010 al 2016 è stato Vice Primo Ministro con delega agli Affari interni, alla Politica estera e alla Giustizia. (continua)
Analisi di Prospettiva Regionale 2016, Europa Sud Orientale e Balcanica
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Macro Regione Adriatica |
Raccolta analisi Europa Sud Orientale CeMISS 2014 - 2015 |

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File Size: | 6821 kb |
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Seminario di Studio su Balcani e Macro Regione Adriatico Ionia
Roma, Circolo Ufficiali dell'Esercito, Via XX Settembre.
BALCANI 2014
Integrazione macro-regionale, questioni di stabilità e di sicurezza.
Un punto di vista italiano e regionale a 100 dall’attentato di Sarajevo
Organizzato dall'IStituto di Studi e Ricerce Informazioni Difesa (ISTRID) ed il Centro Studi Politica Internazionale (CESPI) in collaborazione con l'Unità di Analisi e Programmazione del Ministero degli Affari Esteri razionale del seminario
Roma, Circolo Ufficiali dell'Esercito, Via XX Settembre.
BALCANI 2014
Integrazione macro-regionale, questioni di stabilità e di sicurezza.
Un punto di vista italiano e regionale a 100 dall’attentato di Sarajevo
Organizzato dall'IStituto di Studi e Ricerce Informazioni Difesa (ISTRID) ed il Centro Studi Politica Internazionale (CESPI) in collaborazione con l'Unità di Analisi e Programmazione del Ministero degli Affari Esteri razionale del seminario
Intervsita a RadioCapodistria sull'apertura dei negoziati di adesione della Serbia nell'Unione Europea. Intervengono Jelko Kacin, Parlamentare Europeo, Membro Commissione Affari Esteri e Relatore per la Serbia Zarko Korac, Già Vice Premier serbo, Vice Presidente Parlamento della Repubblica Serba Paolo Quercia, Direttore CeNASS |
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Intervista a RadioCapodistria su Bosnia Erzegovina, 20 anni dopo Dayton
Come sta e dove sta la Bosnia Erzegovina ad una generazione dagli accordi di Dayton del 1995?
Ne parlo con Boris Mitar, Radio Televisione Slovena / Radio Capodistria, assieme a Valentin Inzko e Kasim Trnka. Valentin Inzko è l'Alto Rappresentante della Comunità Internazionale per l'attuazione degli Accordi di Dayton (OHR) Dr. Kasim Trnka è stato Chief justice della Corte Costituzionale della Bosnia Erzegovina e esperto constituzionale della delegazione bosniaca ai colloqui di Dayton |
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Analisi. Lo spostamento dell'asse di equilibrio Europa - Russia ed i Balcani
Con gli interventi gemelli in Ucraina e in Siria del 2014 la Russia ha spinto la propria azione geopolitica lungo una direttrice Sud-Ovest, di fatto sovrapponendosi ed entrando in rotta di collisione con l’arco di espansione euro-atlantico posto lungo la direttrice Sud-Est. Se la spinta di Mosca verso Sud Ovest non è frutto di un impeto occasionale o di circostanze fortuite ma piuttosto di un preciso disegno strategico, la domanda che sorge spontanea a fine 2015 è quella di cercare di prevedere quali potrebbero essere, nei prossimi anni, i punti d’intersezione di queste due contrapposte visioni geopolitiche che ormai si intersecano in più parti del quadrante Centro – Orientale del Mediterraneo.
Esiste la possibilità che dal 2016, la competizione degli Stati nell'area dell'Europa Sud Orientale / Mediterraneo Orientale porti ad uno spostamento verso Ponente dell'asse di equilibrio / tensione tra l'area euro-atlantica e la Russia, agganciando lo scenario di conflitto siriano alle questioni geopolitiche irrisolte dei Balcani: da quelle della Bosnia Erzegovina, a quella della Macedonia, allo status del Kosovo, alla questione di Cipro. Se ciò avvenisse si andrebbe incontro ad uno slittamento di circa 1.500 chilometri verso Ponente di tale linea di faglia, spostandola da Kiev a Sarajevo, da Tiblisi a Damasco. Con la non secondaria differenza che l’asse di equilibrio / tensione fino al 2008 era esterno allo spazio centrale di espansione euro-atlantico, e si trovava – di fatto – lungo i confini russi; mentre un potenziale, futuro asse di tensione lungo la direttrice Balcani Occidentali – Mediterraneo Orientale sarebbe invece interno al limes orientale euro – atlantico, e si svilupperebbe a ridosso dello spazio marittimo mediterraneo.
(dicembre 2016, da Prospettiva 2016 Cemiss)
Esiste la possibilità che dal 2016, la competizione degli Stati nell'area dell'Europa Sud Orientale / Mediterraneo Orientale porti ad uno spostamento verso Ponente dell'asse di equilibrio / tensione tra l'area euro-atlantica e la Russia, agganciando lo scenario di conflitto siriano alle questioni geopolitiche irrisolte dei Balcani: da quelle della Bosnia Erzegovina, a quella della Macedonia, allo status del Kosovo, alla questione di Cipro. Se ciò avvenisse si andrebbe incontro ad uno slittamento di circa 1.500 chilometri verso Ponente di tale linea di faglia, spostandola da Kiev a Sarajevo, da Tiblisi a Damasco. Con la non secondaria differenza che l’asse di equilibrio / tensione fino al 2008 era esterno allo spazio centrale di espansione euro-atlantico, e si trovava – di fatto – lungo i confini russi; mentre un potenziale, futuro asse di tensione lungo la direttrice Balcani Occidentali – Mediterraneo Orientale sarebbe invece interno al limes orientale euro – atlantico, e si svilupperebbe a ridosso dello spazio marittimo mediterraneo.
(dicembre 2016, da Prospettiva 2016 Cemiss)
La decadenza dei Balcani Occidentali e l'attesa dei prossimi passi di MoscaDicembre 2015 |
Esistono ancora i fantasmi dei Balcani?Dicembre 2015 |
Se ripensiamo alla visione europea ed atlantica per l’Europa Sud Orientale sviluppata dopo la caduta di Milosevic (ottobre 2000), l’obiettivo strategico era la costruzione di una fascia di paesi democratici, ben governati, ancorati all’Unione Europea da un area di libero scambio di merci e persone. In un tale approccio, l’Europa Sud Orientale si distingueva ulteriormente dai paesi del partenariato meridionale in quanto essa rappresentava una sorta di “spazio esterno temporaneo” che sarebbe dovuto cessare di essere tale per divenire interno alle frontiere esterne della UE.
Oggi ad oltre 15 anni dalla caduta dell’ex dittatore jugoslavo, il panorama che i paesi non EU dell’Europa Sud Orientale offrono non è certo incoraggiante. Vai all'articolo Kumanovo, il ritorno dei fantasmi?Marzo 2015Gli eventi di Kumanovo, punto di situazione in Macedonia. Un gruppo paramilitare di circa 50 unità, composto prevalentemente da cittadini kosovari, che aveva costituito una base militare logistica alla periferia della cittadina di Kumanovo (15 chilometri dal confine con il Kosovo, 100.000 abitanti, di cui circa 30% albanofoni) è stato identificato, attaccato e neutralizzato dalle forze di sicurezza macedoni, dopo violenti combattimenti durati 24 ore che hanno prodotto la morte di 8 agenti di polizia e 14 guerriglieri oltre a 37 feriti. Ventinove persone del commando armato, sono state arrestate. Secondo le forze di sicurezza macedoni, che hanno evacuato la popolazione civile dal quartiere Divo Naselje, il gruppo intercettato era entrato nel territorio macedone illegalmente dal vicino Kosovo e aveva come obiettivo quello di preparare una serie di attentati terroristici nella capitale Skopje in occasione delle fase di proteste antigovernative in corso per aumentare il caos e perseguire un progetto di destabilizzazione. Il gruppo paramilitare aveva uniformi e stemmi riconducibili al Ushtria Çlirimtare Kombëtare (UCK/NLA o UCK macedone, l’Esercito di Liberazione Nazionale che combatté contro le forze di sicurezza macedoni nel 2001) ed era guidato da volti noti della lotta di indipendenza kosovara del 1998 e della guerriglia anti macedone del 2001. Alcuni dei presunti leader sono morti nello scontro a fuoco, come Mirsad Ndrecaj e Beg Rizaj. Quest’ultimo aveva fatto parte dell’UCK nella zona di operazione del Dukagjin, sotto il comando di Daut Haradinaj e dopo la guerra sarebbe divenuto guardia del corpo del più noto fratello, Ramush Haradinaj, ora leader del partito politico kosovaro dell’AAK.
Vai all'articolo Le tante sfide di Edi RamaSettembre 2013
Il premier socialista Rama, uscito trionfalmente dalle elezioni politiche del giugno scorso, rispecchia alla perfezione il modello di una nuova cultura politica che molti vorrebbero vedere prendere piede nel paese delle Aquile. Modernista, giovane, progressista, artista, di formazione europea continentale, sembra avere il physique du rôle perfetto per giocare la parte del traghettatore dell’Albania nell’Unione Europea; almeno tanto perfetto quanto sembrava inadatto quello del suo predecessore Berisha, politico di lungo corso, divenuto padre padrone dell’Albania post comunista dopo una lunga militanza politica nel Partito del Lavoro d’Albania, il partito comunista unico di Enver Hoxa. È evidente che i vent’anni di differenza d’età tra i due leader politici rappresentano una frattura che non è solo anagrafica e generazionale, ma dovrebbe manifestarsi in un modo radicalmente diverso di vivere l’esperienza politica ed il rapporto con il potere. Vai all'articolo Serbia, la formazione del governo VucicFai clic qui per effettuare modifiche.Quattro sono sostanzialmente le priorità del nuovo esecutivo. La prima, economica, impone una drastica revisione del modello produttivo e occupazionale serbo, attuando riforme, tagli e alleggerimento del ruolo dello stato nell’economia, creando le condizioni minime di mercato per far decollare il tessuto produttivo locale. Si tratta, in poche parole, di evitare il default dello Stato serbo attraverso una dura politica di tagli alla spesa pubblica e di riforme economiche. La seconda, vede il compimento di quanti più progressi possibili verso l’obiettivo dell’adesione all’Unione Europea, anche allo scopo di poter accedere a maggiori fondi con cui finanziare opere infrastrutturali che possono dare un rilancio alla competitività del paese. La terza priorità è quella di mantenere una posizione di equidistanza tra USA e Russia, avendo abbandonato la possibilità di avvinare il paese alla NATO e mantenendo il rapporto privilegiato con Mosca sulle questioni energetiche e di sicurezza regionale (con la Russia che continua a sostenere la posizione di non riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo). Quarto, mantenere aperta una politica di disgelo verso Pristina, almeno fin quando tale rapporto continuerà ad essere inserito nella cornice di un’azione diplomatica triangolare tra il servizio esterno dell’Unione Europea, Pristina e Belgrado, che aiuti Belgrado a risolvere gli impedimenti sul cammino della UE.
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Esistono ancora i fantasmi dei Balcani. Ma davvero, a vent’anni dalla firma degli accordi di pace di Dayton e ad un secolo dall’attentato di Sarajevo, i Balcani possono nuovamente assurgere ad uno dei punti di frizione di un rinnovato scenario di tensione EU/USA/Russia? Sono in molti a temerlo, anche se, se ciò dovesse accadere, non sarà né per forza autonoma, né per gravità delle situazioni etno-politiche dei Balcani, ma piuttosto per un combinato disposto di cattiva gestione delle crisi, mancata costruzione di un progetto di stabilizzazione intermedio all’ingresso nella UE, ricadute geopolitiche del deterioramento del partenariato strategico EU – Russia. Ad ogni modo, è corretto ritenere che, di tutte le spine balcaniche, la Bosnia Erzegovina rappresenta la polveriera più pericolosa, non tanto per la probabilità di un nuovo conflitto interno, che non appare imminente, quanto piuttosto per la facilità con cui le pressioni politiche e nazionalistiche che si addensano nel paese, possono essere sfruttate tanto da ambienti nazionalisti serbi (di Serbia o di Kosovo), quanto da parte di Mosca nel caso di un allargamento dei punti di tensione con l’Occidente.
Vai all'articolo I Balcani si preparano al riflusso dei combattenti jihadisti dalla SiriaGiugno 2013Così come in tutto l’Occidente, anche nei Balcani sta crescendo l’allarme per il rientro di combattenti jihadisti dalla Siria, un fenomeno intensificatosi nell’ultimo anno. Dall’estate 2013 molti governi europei ed agenzie di sicurezza hanno iniziato ad aumentare il livello d’attenzione sulla questione dei rientri di centinaia e centinaia di combattenti stranieri tutt’ora presenti in Siria. L’allarme è diventato rosso dopo che, il 24 maggio 2014, un cittadino francese ex combattente jihadista in Siria ha compiuto una strage nel Museo ebraico di Bruxelle Varie congiunture sembrano indicare un prevedibile aumento dei flussi di rientri dalla Siria nella primavera – estate del 2014, favoriti non solo dai successi militari governativi degli scorsi mesi e dall’arretramento delle forze d’opposizione (a Damasco, Homs, Aleppo così come nel Sud del paese) ma soprattutto dai 5 mesi di conflitto apertosi all’interno del fronte anti-Assad tra le forze del Free Syrian Army (appositamente rinforzato all’uopo) e quelle dell’ISIS, formazione dove militano la maggior parte di combattenti stranieri. A livello macro, anche la più generale, riduzione delle ambizioni strategiche del fronte diplomatico internazionale anti-Assad ha operato, verosimilmente, nella direzione di favorire i rientri dalla Siria verso un’ampia fascia di paesi.
Vai all'articolo La partita fluida della sicurezza energetica nel Mediterraneo OrientaleOttobre 2014Sempre più complessa e fluida diviene la competizione per la sicurezza energetica nel Mediterraneo Orientale, mano a mano che le crisi ed i conflitti attorno allo spazio Mediterraneo si espandono e polarizzano le alleanze e le potenze regionali. Sullo scacchiere del Mediterraneo orientale, in particolare, si riversano con crescente forza le tensioni provenienti da almeno quattro instabili quadranti geopolitici: quello mediorientale, con i conflitti in Siria ed Iraq e l’avanzata del jihadismo; quello Nord africano, con le debolezze dei paesi attraversati dalle rivolte delle primavere arabe; quello dell’Europa Sud-Orientale, con le permanenti difficoltà socio-economiche della penisola balcanica e lo stallo del processo di allargamento europeo; quello del Mar Nero, con la strisciante guerra civile ucraina che ha prodotto profonde, ma non insanabili, conseguenze nei rapporti Europa – Russia. La Turchia, geo-politicamente esposta su tutti questi quattro scenari, si trova al centro di questo complesso crocevia di crisi geopolitiche con rilevanti interessi in ciascuno dei quattro citati sistemi sub-regionali, ma con una particolare esposizione verso quello siriano-iracheno, a cause della questione curda. Nelle evoluzioni delle crisi che ruotano attorno alla penisola anatolica si gioca il futuro della Turchia come pivot strategico e come futuro hub energetico verso l’Europa sia per il petrolio che per il gas. Quale che sia il percorso del futuro corridoio meridionale europeo per intercettare le risorse medio-orientali e del Caspio aggirando la Russia, esso potrà difficilmente essere realizzato senza attraversare la Turchia, che diventa pertanto l’ago della bilancia energetica nei rapporti tra EU e Russia.
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![]() Rapporto di Ricerca Kosovo 2008
Nel 2006 mi sono recato nei Balcani per una ricerca sul campo di circa 30 giorni, realizzata per il Centro Militare di studi strategici in preparazione della possibile indipendenza del Kosovo. Sono partito da Trieste, con incontri con la comunità serba. Quindi Vienna, ove ho effettuato in contro presso il segretariato di UNMIK per poi proseguire alla volta di Belgrado, per sentire le opinioni dei centri studi e dei rappresentanti istituzionali serbi. Dopo di che ho proseguito per il Kosovo, dove mi sono fermato una settimana, visitando Pristina, Pec, Mitrovica e Gracani. Dal Kosovo ho proseguito alla volta della Macedonia per alcuni incontri con diplomatici di Skopje. Il viaggio è terminato con un soggiorno di alcuni giorni a Tirana ove ho incontrato politici, analisti e diplomatici del paese, Nel corso della missione di fact finding ho incontrato ed intervistato oltre 50 stakeholders dei principali paesi interessati dal processo di indipendenza del Kosovo e i principali responsabili politici del paese. Il risultato del lavoro è contenuto in questa ricerca pubblicata dal CeMiSS nel febbraio 2007 ed arricchita da un capitolo di Federico Eichberg sugli aspetti diplomatici negoziali.
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La ricerca si divide in 3 parti: 1. Il Kosovo e l'eredità degli anni novanta: a. La finzione del doppio Kosovo b. Stato contro società c. Progetti serbi di spartizione del Kosovo d. Le istituzioni parallele albanesi in Kosovo e. L’erosione della sovranità jugoslava f. L’apparizione dell’UCK g. Le elezioni del 22 marzo 1998 h. L’intervento della NATO 2. Il Kosovo da Kouchner a Thaci a. UNMIK nel caos istituzionale b. Le resistenze locali al potere delle NU c. Le emergenze dello state building in KosovoConstitutional framework for self-government d. Poteri del rappresentante speciale e. Le elezioni del novembre 2001 f. L’indipendenza congelata g. Standards before status h. Gli incidenti del marzo 2004 i. Le elezioni dell’ottobre 2004. l. Il Rapporto Eide. m. La creazione di UNOSEK n. La proposta di Ahtisaari per lo status 3. I fardelli della sovranità per il Kosovo post-status a. La situazione economica in Kosovo. b. La sicurezza interna: rule of law e il rischio di un failed state . c. Il peso della criminalità d. Le istituzioni di sicurezza presenti in Kosovo scarica l'intera ricerca in formato PDF![]()
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Articoli sui Balcani comparsi sulla rivista geopolitica Limes.
Gli articoli sono reperibili sul sito Limesonline
Gli articoli sono reperibili sul sito Limesonline
Roma, Università la Sapienza, 27 Ottobre 2009
Partecipazione alla Tavola Rotonda; "La Serbia nei Balcani e in Europa: il punto di vista italiano" in occasione delle giornate di studio "Identità europea della Serbia" |
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L’ultimo sassone di Bodendorf
di Paolo Quercia (Pubblicato su Diario, Novembre 2000) Bodendorf, Romania, settembre 2000. Le case del villaggio di Bodendorf sono ancora tutte lì, allineate lungo i bordi della strada che va da Kronstadt (Brasov) a Schassburg (Sighisoara), nel cuore di quella zona della Romania che i colonizzatori sassoni chiamarono Siebenbürgen. Molte di esse sono ormai ridotte a macerie, con i tetti cadenti e le mura scrostate. Mani ignote hanno sottratto infissi, finestre e quant’altro c’era d’asportabile, ma il villaggio continua a mostrare la sua inconfondibile caratteristica architettonica d’insediamento sassone sviluppatosi attorno alla chiesa fortificata, come si addiceva ad un posto di frontiera in una terra di frontiera. leggi l'articolo |