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Corno d'Africa allargato​

Corno d'Africa

Il Corno d'Africa - nella sua accezione allargata oggi configurabile nei paesi dell'area IGAD - rappresenta una delle sub regioni dell'Estero Vicino italiano, di cui costituisce la periferia estrema. Le mie analisi seguono le questioni migratorie internazionali attraverso questa regione, la pirateria, i processi di state building, la pacificazione politica e la ricostruzione della Somalia, il jihadismo nel Corno d'Africa, la politica estera e regionale dei principali paesi della regione, lo sviluppo della conflittualità inter-statuale, il ruolo dei principali attori esterni. Qui un primo archivio di alcuni articoli scritti sulla regione. A questo regione ho dedicato anche una pubblicazione che ho curato per il Centro Alti Studi Difesa e per il Ministero degli Affari Esteri
"Questioni strategiche e di sicurezza nel Corno d'Africa ed il ruolo dell'Italia", 2012. ISBN 9788890641718,  Per l'Unità di Analisi e programmazione del Ministero degli Affari Esteri ho svolto nel 2015 la ricerca "conflittualità, autonomia e federalismo in Africa. Casi di studio dalla regione IGAD", contenuto nello studio "Cooperazione interparlamentare e federalismo integrativo. Strumenti e modelli di rafforzamento istituzionale, gestione delle crisi e State building nell'Africa Sub Sahariana (Società Geografia Italiana CRA - Center for Near Abroad Strategic Studies)

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Articoli 


Il Corno d'Africa, l'estero vicino e gli interessi strategici dell'Italia 

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Quando un paese “pensa” una regione geopolitica del mondo e cerca di rappresentare su una mappa ideale quali possono essere i suoi interessi, le sue capacità, le sue responsabilità, i suoi alleati, i suoi competitori locali, il valore della posta in gioco su quello scenario, esso compie una valutazione strategica della propria presenza. In nessun paese del mondo tali processi di valutazione strategica vengono fatti costantemente, prendendo in considerazione ogni possibile quadrante geopolitico d’interesse del paese. Le analisi e le scelte strategiche vengono solitamente fatte o revisionate solo per alcune aree privilegiate o sensibili nelle relazioni internazionali, spesso in momenti di cambiamento – come una crisi, un conflitto, un cambio di regime – o comunque in occasione di una modifica dello status quo, quando un sistema paese percepisce la necessità di un proprio riposizionamento strategico.

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GLI ATTENTATI TERRORISTICI DI NAIROBI E LE TRASFORMAZIONI DELLA GALASSIA al-SHABAAB ​

Due settimane dopo gli attentati di Nairobi, costati decine morti in un centro commerciale della capitale del Kenya, ancora non ci sono dati certi né sul numero degli attentatori, né sulla loro nazionalità, né sulla loro esatta affiliazione. Appare tuttavia chiaro, dalle indiscrezioni filtrate, dalle rivendicazioni più o meno attendibili pervenute sui social media, nonché da alcune testimonianze dirette, che la matrice politico-terroristica vada identificata o nella struttura stessa degli Shabaab somali o quanto meno nella galassia di movimenti estremisti filo-qaedisti del Corno d’Africa che nell’esperienza degli al-Shabaab vedono un modello religioso-militare di successo a cui ispirarsi. L’operazione, condotta da un gruppo armato composto probabilmente tra le 8 e le 16 persone, era stata pianificata da circa un anno, arrivando, secondo alcune fonti, addirittura ad affittare nel centro commerciale un negozio da poter utilizzare come deposito di armi e base logistica da cui condurre le operazioni una volta avviato l’attacco. 

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KENYA: LE INDAGINI DELLA CPI CONTRO IL PRESIDENTE E I DUBBI SULLE COMPETENZE DELLE CORTE.  

​​Oltre al petrolio, un altro argomento ha dominato la visita di fine maggio 2013 del presidente del Kenya, Uhru Kenyatta, a Giuba, capitale del neo-indipendente Sud Sudan: la questione dell’azione della Corte penale internazionale (Cpi) in Africa. Il presidente sud-sudanese Salva Kiir ha deciso di cogliere l’occasione per dare particolare risalto alla questione del ruolo del tribunale dell’Aia nelle vicende interne dei paesi africani. Il primo presidente del paese centro-africano, indipendente dal luglio 2011, ha difatti annunciato che il Sud Sudan non accetterà mai la giurisdizione del Tribunale dell’Aia e che unirà le proprie forze con quelle del Kenya per evitare che “i leader politici dei paesi africani continuino ad essere umiliati”. Le parole di Kiir prendevano spunto dalla condizione di “indagato” del presidente kenyota in visita, e dal braccio di ferro che Nairobi ha avviato con il Tribunale penale internazionale dell’Aia per sottrarre alla competenza della Cpi il caso contro Kenyatta, accusato di aver organizzato scontri etnici dopo le elezioni del 2007.

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SOMALIA E I PERICOLI DEL DOPO LONDRA  

Numerosi sono i fattori che continuano ad indicare nella Somalia il cuore dei processi politici che stanno attraversando l’area del Corno d’Africa e che possono originare sia un nuovo processo condiviso di stabilità regionale che nuove perturbazioni per la sicurezza dell’area. Nonostante la regione non sia stata affatto priva di significativi sviluppi, nel primo quadrimestre del 2013 (dalle elezioni presidenziali in Kenya, alla costruzione di un modus vivendi tra Sudan e Sud Sudan, agli enigmatici sussulti interni registrati in Eritrea), il dossier somalo continua a tenere banco nel dettare l’agenda politico-strategica regionale. Ciò è apparso chiaro anche nel 47mo vertice straordinario del Consiglio dei ministri dell’Autorità intergovernativa per lo sviluppo (Igad), che all’evoluzione della situazione politica e di sicurezza in Somalia ha riservato uno dei principali dossier nell’agenda del vertice.

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IL RITORNO GEOPOLITICO DELLA SOMALIA NEL CORNO D'AFRICA


Uno dei fattori che ha caratterizzato lo scenario geopolitico del Corno d’Africa nell’ultimo ventennio è stata l’assenza totale di uno stato centrale somalo e la deflagrazione, in un contesto prima di guerra civile e poi di stato fallito, di numerose problematiche transnazionali, dalla presenza di uno stato jihadista filo al Qaeda nel sud del paese fino all’emersione della pirateria globale. Non che la Somalia non abbia prodotto temi strategici d’interesse regionale ed anche globale, ma essi fuoriuscivano dal più famoso stato fallito del mondo, inserendosi direttamente, con un balzo dalla pre-modernità alla post-modernità, nella globalizzazione.

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QUELLA FERROVIA TRA ADDIS E GIBUTI CHE UNISCE L'ETIOPIA CON LA CINA  

 L’Etiopia ha da tempo fatto del porto di Gibuti la base per garantirsi le necessarie interconnessioni con l’economia globale ed in particolare con la Cina, il primo partner commerciale del paese. Oramai il 90% dell’interscambio commerciale di Addis Abeba passa per Gibuti che – a sua volta – dipende dall’Etiopia per il 70% dei suoi traffici. Un rapporto di simbiosi che è destinato ad intensificarsi, viste le stime del Fondo Monetario Internazionale che prevedono per il 2013 una crescita record dell’economia del paese superiore al 7%. Dati che non rappresentano una novità per un paese che nell’ultimo decennio ha conosciuto un ritmo di crescita dell’economia attorno al 10% annuo.  

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SOMALIA. LE TENSIONI NELL'OLTRE GIUBA E LE LEZIONI NON APPRESE  

Complice l’ottimismo profuso a piene mani da inglesi, americani e turchi, molti hanno salutato il 2013 come l’anno della svolta per la Somalia. Quello in cui un nuovo governo centrale, sufficientemente legittimato all’interno del paese dai meccanismi di cooptazione clanica e a livello internazionale dal riconoscimento degli Stati Uniti d’America, avrebbe potuto progressivamente procedere alla liberazione delle aree del paese ancora sotto controllo degli shabaab, alla ricostruzione di una minima funzione statale pubblica e mettere mano pacificamente alla soluzione del rompicapo clanico – federalista. Qualche legittimo dubbio sulle possibilità di pacificazione del paese sorgeva non tanto a causa delle  capacità di resistenza, di sopravvivenza nel lungo periodo e di riorganizzazione da parte del movimento degli Shabaab nel nuovo contesto somalo, quanto piuttosto all’incapacità del governo centrale di estendere la sfera d’influenza del proprio potere oltre Mogadiscio senza finire nella trappola delle lotte interclaniche.  

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GLI IMMIGRATI DI LAMPEDUSA E GLI INFERNI DI PARTENZA DIMENTICATI. 

Degli oltre 35.000 sbarchi di migranti registratisi in Italia nel corso dei primi dieci mesi del 2013, oltre un terzo provengono da due piccoli paesi del Corno d’Africa, Somalia ed Eritrea, due paesi a lungo trascurati dagli affari internazionali e lasciati in balia di processi di deriva geopolitica che hanno trasformato il primo nello stato fallito più degradato del mondo ed il secondo nella peggiore dittatura africana contemporanea. L’Eritrea, in particolare, nonostante abbia appena 6 milioni di abitanti e disti oltre 7.000 chilometri dalle nostre coste mediterranee, ha avuto nel 2013 il triste primato di produrre all’incirca lo stesso numero di profughi che fuggono dalla guerra civile siriana che si combatte alle porte di casa nostra e produce decine di migliaia di morti. Con quasi novemila profughi nel corso del 2013, poche centinaia in meno di quelli in fuga dalla Siria, l’Eritrea è il secondo paese di provenienza dei migranti che approdano in Italia. Il terzo paese da dove partono migranti destinati verso l’Italia, è la Somalia, con poco più di 3.000 arrivi. Libia ed Egitto sono i principali paesi di transito e di ripartenza. Con 2.800 chilometri di coste mediterranee, essi rappresentano le due grandi finestre geopolitiche sul Mar Mediterraneo dell’Africa Sub Sahariana orientale. Nei primi 10 mesi del 2013 ventunomila sono i migranti arrivati in Italia partiti da approdi libici, ottomila quelli partiti dall’Egitto. ​

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"Oggi riparte un antico rapporto"
INTERVISTA AL PRESIDENTE SOMALO HASSAN SHEIKH MAHMOUD 

  • “La Somalia e l’Italia hanno una relazione molto antica, vecchia ormai di oltre un secolo. È una relazione che riguarda tanto i governi che le società civili. Storicamente, l’Italia è stato il paese europeo a colonizzare la Somalia, nel diciottesimo secolo e agli inizi del successivo, e da allora i due popoli hanno importanti legami, praticamente da ogni punto di vista. Questo rapporto così stretto ha portato ad un livello di fiducia molto alto tra i due popoli. Basti ripensare alla Seconda guerra mondiale, quando l’Italia era un paese sconfitto e la Somalia veniva occupata dagli inglesi. Quando fu chiesto ai somali da chi volessero essere preparati per l’indipendenza, noi abbiamo scelto l’Italia. Questa è una prova della fiducia reciproca che esiste tra i nostri popoli. Dal 1950 al 1960 l‘Italia ha preparato la Somalia a divenire uno stato moderno, attraverso l’amministrazione fiduciaria dell’Afis. Questo fu il primo momento nella storia somala in cui fu costruito uno stato moderno, e l’Italia è stato il paese che ha gettato le basi di questo nostro stato. Oggi in Somalia si può vedere che tutte le leggi e le consuetudini giuridiche sono ancora regolate da leggi di origine italiana, alcune delle quali sono anche in lingua italiana.

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2013, Ambasciata di Francia, relatore al convegno sulla sicurezza nella regione dell'Africa  Sub-Sahariana e del Sahel.

 2012, Convegno sulla Somalia, Villa Volkonsky

Nel marzo 2012 ho collaborato con l'Ambasciata britannica a Roma per organizzare, assieme al centro studi CeNASS, un convegno sulla transizione politica della Somalia. Con la partecipazione, tra gli altri, di  Christoper Prentice, Michele Valensise, Mohamed Mohamed, Raffaele De Lutio, Mario Raffaelli, Alfredo Mantica, Abdi Aynte, Nino Sergi, Giulio Albanese, Massimo D'Alema

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