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Turchia e penisola anatolica


Turchia e penisola anatolica

La Turchia rappresenta il più importante paese dell'estero vicino italiano, importante punto di snodo nel Mediterraneo orientale sia verso il Mashreq che verso l'Asia (Iran) e verso l'Eurasia (Russia),  


Nuove sviluppi nell’allontanamento tra Turchia e UE 

Sommario 
La collaborazione con l’Iran in funzione anti-curda; Il sistema di difesa missilistico con la Russia; il contenzioso con la Germania e le ritorsioni economiche di Berlino contro Ankara; La crisi di luglio e l’arresto di un altro cittadino tedesco; Le accuse turche contro Berlino; Le ritorsioni economiche: turismo, assicurazione export, armamenti, trasferimenti UE, Unione Doganale. 

Nei mesi di luglio e agosto la Turchia ha adottato misure divergenti dagli interessi strategici comuni dell’Alleanza Atlantica con l’accentuazione sempre più marcata di posizioni di sicurezza nazionali in apparente collisione con quelle euro-atlantiche. Obiettivamente tale processo non è solo innescato dalle posizioni sempre più autonome di Ankara ma anche da una fase avanzata del processo di destrutturazione dell’estero vicino turco (Siria ed Iraq), dall’evanescente e contraddittoria politica europea nella regione e dalle difficoltà sostanziali della politica estera americana di trovare una propria linea di coerenza nell’area mediorientale. Questo, insieme al ritorno al ruolo di potenza della Russia, alla politica iraniana nel Mediterraneo Orientale e al profondo stallo creatosi nei rapporti tra USA e Turchia dopo il fallito golpe dello scorso anno, hanno completamente cambiato il contesto strategico dell’azione esterna della Turchia.  (continua)

Leggi articolo integrale su Osservatorio Strategico 4/2017

VERSO UN RIAVVICINAMENTO TRA ANKARA E BAGHDAD? 
Sommario (Il triangolo Ankara – Baghdad – Erbil: la Turchia si prepara alla cacciata dell’ISIL da Mosul: Scopi e timing della visita; La situazione pregressa all’avvio delle operazioni per la riconquista di Mosul; La retorica neo-ottomana di Erdogan ed il pericolo dei confini mobili; La presenza militare turca in Iraq; Le relazioni tra KRG e Turchia; analisi, valutazioni e conclusioni)  
La visita del primo ministro turco Yildirim in Iraq è un segnale che indica come Ankara sia disponibile a compiere un passo in avanti nei confronti del governo di Baghdad dopo una crisi durata alcuni anni. riprendendo in mano un altro dei dossier deteriorati del suo vicinato strategico. Cio' avrà conseguenze anche sulla politica di Ankara verso il KRG di Erbil e, se andrà in porto il riavvicinamento con Il governo sciita iracheno, essi saranno sempre meno gestiti bilateralmente e passeranno sempre più per Baghdad.  Fattore chiave che influenzerà il riavvicinamento saranno i tempi e le modalità con cui verrà portata avanti la liberazione di Mosul e la cacciata dell ISIL dalla principale città irachena. La battaglia per Mosul, la più ampia battaglia irachena dopo la conquista del paese nel 2003, non è solo una questione legata alla riconquista del territorio della provincia di Nineveh da parte del governo centrale ma essa è ormai incastonata in una serie di scenari strategici regionali ed internazionali, molti dei quali coinvolgono direttamente la Turchia ed i suoi principali competitor regionali. Questo fa di Mosul il baricentro di agende concorrenti in quanto da come si svilupperà la situazione può dipendere sia il futuro del Kurdistan Regional Government, sia la sostenibilità della ricostruzione di uno Stato iracheno, e sia il rapporto di forza nell'area tra Iran, Turchia e USA.....

Leggi articolo integrale su Osservatorio Strategico 1/2017

La mia audizione alla Commissione Affari Esteri della Camera dei Deputati sulle elezioni in Turchia e le conseguenze per la sicurezza regionale. Intervengo con Nathalie Tocci (IAI) e l'Ambasciatore Mauro Marsili. Parlo dal minuto 22. Segue il dibattito con i parlamentari 


Articoli pubblicati sul mensile del Centro Militari di Studi Strategici
reperibili sul sito www.casd.difesa.it

 L'ora di Ankara. La Turchia e l'operazione Euprates Shiled in Siria

​ Settembre 2016
​
L’estate del 2016 sarà un’estate da ricordare per chi si occupa delle evoluzioni politico - strategiche della Turchia. Ancora scossa dai postumi del mancato colpo di Stato del luglio scorso, con tutte le strutture dello Stato e della società civile colpite dalle azioni di ritorsione di Erdogan e dell’AKP contro presunti fiancheggiatori e simpatizzanti dei golpisti e con le Forze Armate nell’occhio del ciclone, la Turchia si è lanciata in una nuova avventura militare in Siria - Euprhates Shiels - dagli esiti apparentemente incerti. 


Leggi articolo su Osservatorio Strategico 4/2016

La crisi turco - russa dopo l'abbattimento del SU-24 russo 

Dicembre 2015

Contesto e cause dell’abbattimento. Fin dall’inizio del conflitto siriano, Ankara e Mosca si sono confrontate a distanza sui fronti opposti della guerra civile. Nonostante ciò, fino al 2015, il sostanziale stallo del conflitto e l’assenza di un diretto intervento russo, ha fatto si che i due paesi riuscissero  a mantenere costruttivi i loro rapporti bilaterali, grazie all’isolamento e compartimentalizzazione del dossier siriano all’interno del rapporto bilaterale. L’intervento militare russo, il vacillare del potere dell’ISIS in Siria che ha fatto seguito all’abbattimento del veicolo russo SU-24 hanno portato nel mense di novembre 2015 ad un crollo nei rapporti tra i due paesi. Il deterioramento delle relazioni tra Turchia e Russia è iniziato con l’avvio dei bombardamenti russi in Siria che hanno in massima parte concentrato la propria azione nelle aree nell’entroterra della città di Latakia, controllata dal Free Sirian Army e da altri gruppi jihadisti.  

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Timeline della crisi turco - russa  

Evoluzione dell’ISIS in Turchia nel 2015 ed il reshuffling siriano dopo l’intervento russo
  

Novembre 2015

Nei primi 5 anni di guerra civile in Siria l’ISIS ha radicato nel territorio turco un’importante presenza operativa, approfittando del regime di compiacenza e tolleranza concesso dal governo di Ankara almeno fino a tutto il 2013. In questo modo lo Stato islamico ha potuto non solo usufruire di una fondamentale via di rifornimento attraverso il territorio turco di uomini ed armi ma anche di un cospicuo bacino di reclutamento in Turchia. Si stima che siano almeno 3.000 i combattenti turchi nelle file dell’ISIS, di cui – dato particolarmente interessante – oltre la metà sarebbero appartenenti all’etnia curda. Con il progressivo deteriorarsi dei rapporti tra Ankara ed ISIS, conseguenza del progressivo cambio di strategia avviato agli inizi del 2015, è ragionevole ritenere che una parte della rete di supporto logistico dell’ISIS in Turchia si è gradualmente trasformata – o forse più correttamente potremmo dire ha prodotto per gemmazione – una rete di cellule terroristiche, con l’obiettivo di minacciare e, all’occorrenza, di colpire la Turchia con attentati terroristici. Difatti, fino alla metà del 2015, l’ISIS, pur ritenendo Erdogan un apostata, non aveva incluso la Turchia tra i suoi obiettivi strategici, astenendosi dal compiere attacchi terroristici significativi in territorio turco e concentrandosi sulle attività di reclutamento, logistica e finanziamento. 

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Le relazioni Turchia - Iran 

Febbraio 2015

Mentre la Turchia, come conseguenza di una serie di scelte di politica estera massimaliste e radicali si è progressivamente isolata nel contesto regionale cacciandosi in un vero vicolo cieco geopolitico, perdendo coerenza e credibilità della propria azione esterna ed alienandosi sempre più dagli USA, l’Iran ha compiuto un percorso opposto, portando avanti un processo di sdoganamento e reinserimento nella comunità internazionale, aumentando la propria ingerenza in numerosi contesti e addirittura acquisendo una potenziale rilevanza geopolitica positiva per gli stessi USA, come dimostra anche l’accordo sul nucleare, il punto più complesso e rilevante di questo percorso. ​

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Conseguenze per la Turchia dell'intervento russo in Siria 

Un impressionante catena di eventi rilevanti per la sicurezza della Turchia si sono verificati all’interno e nei due confinanti teatri strategici medio-orientali, quello siriano e quello iracheno, divenuti il vaso comunicante di molte delle problematiche di sicurezza che sta conoscendo la Turchia. L'intervento militare russo in Siria sarà un fattore di trasformazione di lungo periodo della politica estera turca.

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Lo schiaffo ottomano di Erdogan

Agosto 2014

​Molto si è speculato, specialmente sui media internazionali, su un possibile golpe interno nell’AKP che avrebbe dovuto procedere alla rimozione di un indebolito Erdogan e far emergere quelle correnti del movimento islamista moderato più liberali e meno orientate all’inasprimento dello scontro interno con il secolarismo kemalista e volte, sul piano internazionale, a ricondurre la Turchia verso una posizione meno “eretica” nei confronti dell’Occidente. Le elezioni amministrative del marzo 2014 hanno rappresentato il primo test elettorale dopo il difficile 2013 e – come era stato previsto tempo fa su questo Osservatorio Strategico – la popolarità sia dell’AKP che di Erdogan non sono state scalfite né dalle accuse di autoritarismo né da quelle di corruzione dei circoli più ristretti legati al potere dell’AKP che sono state sollevate negli ultimi mesi. La radicalizzazione e la personalizzazione dello scontro politico in Turchia avvenuta nell’ultimo anno e la particolare attenzione che alla “crisi” dell’AKP ha rivolto l’opinione pubblica internazionale hanno ovviamente contribuito a “modificare” il carattere delle elezioni amministrative del 30 marzo, trasformandole in una sorta di referendum sulla persona di Erdogan e sui suoi metodi di gestione del potere.

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L’AKP, la liberalizzazione del sistema politico, il “pacchetto di democratizzazione” e la questione curda 

Ottobre 2013

Dopo una lunga attesa, il primo ministro turco Erdogan ha annunciato pubblicamente il cosiddetto “pacchetto di democratizzazione”, un documento contenente una lunga serie d’impegni del governo per riformare e trasformare in senso democratico il sistema politico turco e su cui, negli scorsi mesi, si è a lungo speculato. Buona parte della stampa internazionale ha ovviamente collegato il pacchetto democratizzazione ad un tentativo del governo di ricostruire l’immagine del paese dopo la repressione interna delle proteste di piazza Taksim. Se forse una certa mediatizzazione delle misure è stata sicuramente pensata anche con l’obiettivo di riposizionare l’immagine del paese dopo l’ondata di cattiva stampa internazionale che ha fatto seguito alle rivolte di piazza di questa estate, in realtà il pacchetto di democratizzazione ha una pluralità di destinatari e differenti obiettivi politici, il più importante dei quali resta quello della riconciliazione nello stato turco della componente etnica curda. 

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Le elezioni politiche in Turchia ed il ritorno di Erdogan 

Dicembre 2015

​Agli occhi di molti osservatori occidentali avvezzi a commentare di cose turche con le lenti appannate dal punto di vista europeo ed occidentale è sembrato un paradosso vedere il partito di Erdogan tornare a fare il pieno di consensi e prepararsi a varare il sesto governo monocolore islamista dal 2002 ad oggi. Per molti di essi, vedere il partito di Erdogan tornare dopo meno di cinque mesi ad esercitare il pieno potere sul paese, vanificando le proteste di piazza di Gezi Park ed il voto di protesta nelle urne del 7 giugno, non poteva essere il frutto di un consenso popolare. Oltre alla disapprovazione per il risultato, in molti commenti sono affiorati sospetti di brogli e manipolazioni elettorali. Tuttavia, di tali eventi non c’è traccia nel pur critico rapporto preliminare fatto dalla missione elettorale dell’OSCE. Le numerose irregolarità, restrizioni e altre forme di atipicità ricorrenti nel sistema politico turco - che sono ben evidenziate nell’interim report OSCE del 2 novembre – possono essere ritenute invece compatibili con una valutazione complessiva di una consultazione libera e democratica.​

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L'ultima scommessa di Erdogan 

Settembre 2015 

Gli sviluppi politici. Il mese di agosto si è chiuso con l’atteso annuncio da parte del presidente turco Erdogan di nuove elezioni anticipate in Turchia, che dovrebbero tenersi il primo novembre. Il presidente turco ha provveduto ad annunciare direttamente la sua intenzione di non assegnare un altro mandato per formare il governo dopo che il primo ministro incaricato, Davutoglu, ha rimesso il proprio incarico dopo meno di due mesi di infruttuose consultazioni. L’AKP, il primo partito del paese risultato vincitore della competizione elettorale, ha dovuto prendere atto non tanto della sconfitta elettorale quanto piuttosto dell’isolamento del partito del presidente Erdogan, incapace sia di governare da solo che di costruire una coalizione di partiti. 

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La Turchia nel Mediterraneo Orientale 

Giugno 2013

IL RUOLO DELLA TURCHIA NEL MEDITERRANEO ORIENTALE DOPO L'IMPLOSIONE DELLE PRIMAVERE ARABE E LE PROTESTE DI PIAZZA TAKSIM

Continua a crescere l’arco di crisi e di instabilità attorno al Mediterraneo Orientale rendendo sempre più complessa la posizione geopolitica della Turchia. Il peggioramento nell’Estero Vicino turco produce per l’Alleanza Atlantica, di riflesso, un non trascurabile aumento dei rischi per la sicurezza nel medio e breve termine. Inoltre, la crescente instabilità del quadrante levantino del Mediterraneo contribuisce a spezzare la continuità politica tra Europa Sud Orientale e Mediterraneo Orientale, incastrando quest’ultima nella crescente instabilità che appare essere il risultato della complessa e contraddittoria stagione della primavera araba. Il colpo di stato in Egitto, forte di un ampio consenso popolare, ha portato alla momentanea conclusione della breve esperienza di governo della Fratellanza Mussulmana, sulla cui azione politica e sociale molti ad Ankara confidavano per rafforzare le posizioni turche nella regione.

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Ankara e i nuovi vicini
​del suo estero fallito 

Settembre 2014 

Il processo di dissoluzione degli Stati lungo il confine meridionale della Turchia sta mettendo sempre più a rischio la sicurezza esterna ed interna del paese, in particolare dopo l’ascesa militare del cosiddetto ISIS e la sua espansione territoriale sia in Siria che in Iraq. Non che i confini con Siria ed Iraq siano in passato stati privi di minacce per la sicurezza turca, ma erano problemi in gran parte gestibili all’interno di relazioni bilaterali e statali con i paesi contermini, Siria, Iraq ed Iran. Oggi, i valichi di frontiera con la Siria e con l’Iraq sono gestiti dalle più diverse entità di carattere non statuale, che vanno dal più strutturato KRG (Kurdish Regional Government) nell’Iraq settentrionale, al PYD (il partito dell’Unione Democratica dei curdi siriani, affiliato al PKK), al Fronte Islamico, al Free Syrian Army, all’ISIS, fino alla Siria di Assad.


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La complessa evoluzione dei rapporti tra Turchia ed Iran 

Il contesto più immediato della visita di Erdogan in Iran è stato  rappresentato, per precisa scelta mediatica del presidente turco, dalla polemica artatamente sollevata a pochi giorni dalla visita, sulle responsabilità iraniane nel deterioramento della situazione interna nello Yemen e sulle necessità di porre un argine all’egemonia iraniana nella regione. Considerazioni di questo tipo espresse non segretamente alle proprie controparti ma generosamente rilasciata alla stampa internazionale,  fanno certamente parte di una precisa strategia comunicativa e meritano pertanto di essere analizzate nel loro aspetto strategico. Oltre all’aspetto psicologico caratteriale del presidente turco e quello della comunicazione populista a cui ci ha abituato l’AKP, nel caso della visita iraniana del presidente turco appare esserci qualcosa di più profondo intervenuto nei rapporti tra i due paesi che potrebbe essere alla base della strategia comunicativa “offensiva” di Erdogan. Questa appare essere mossa, oltre che da un certo comprensibile nervosismo per l’evoluzione della situazione internazionale, da una priorità politica fondamentale: gonfiare il ruolo delle Turchia come paese chiave per lo sdoganamento dell’Iran facendo al tempo stesso, blocco con l’Arabia Saudita, ed i suoi alleati, con cui Ankara vuole ulteriormente migliorare i rapporti diplomatici. Prima che lo sdoganamento di Teheran possa divenire completo e l’Iran avere autonomamente consolidato la propria posizione internazionale ed acquisito un proprio spazio di manovra, Ankara vuole mantenere quel ruolo, di fatto perso, di ultimo paese mediatore tra Occidente ed Iran che esso aveva fino a qualche anno fa. È sostanzialmente una battaglia di retroguardia per recuperare il terreno perduto nei quattro anni che separano la visita dei due presidenti turchi a Teheran, quella di Gul da quella di Erdogan; in questo breve lasso di tempo abbiamo assistito ad un totale ribaltamento delle relazioni turco – iraniane che hanno fatto seguito al terremoto avvenuto negli assetti geopolitici mediorientali. Il paradosso più evidente delle relazioni tra Turchia ed Iran è rappresentato dal fatto che dal 2010 ad oggi, i due paesi hanno percorso direzioni opposte che ne hanno di fatto capovolto la posizione reciproca. CONTINUA



Articoli pubblicati sulla rivista itlaiana di geopolitica Limes, reperibili sul sito Limesonline
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